L’Arbitro Bancario Finanziario conferma il suo orientamento in ordine alla liquidazione degli interessi ai titolari di buoni fruttiferi postali della serie Q/P.
E’ vero che i buoni possono essere automaticamente integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c.c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, ma tali integrazioni e modifiche devono essere successive alla sottoscrizione dei titoli.
Se, invece, il provvedimento della P.A. era stato già emesso al momento della sottoscrizione, allora Poste Italiane è vincolata al rispetto delle condizioni risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti.
In tali casi si ingenera un legittimo affidamento nel sottoscrittore, il quale confida nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi (Collegio Napoli, decisione n. 10630/2020).
Quindi se Poste Italiane appone il timbro con i nuovi rendimenti per i primi vent’anni dall’emissione e nulla dice per l’ultimo decennio, questo resta disciplinato dalla originaria stampigliatura posta sul retro del buono.
Decisione ABF, Collegio di Napoli, n. 4989/2021 del 25.02.2021
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) CARRIERO Presidente
(NA) FEDERICO Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) LIACE Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) ROSAPEPE Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(NA) GIGLIO Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore GIANFRANCO LIACE
Seduta del 16/02/2021
Esame del ricorso n. 1314747/2020 del 09/10/2020
proposto da C. N.
nei confronti di 7601 – POSTE ITALIANE S.P.A.
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) CARRIERO Presidente
(NA) FEDERICO Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) LIACE Membro designato dalla Banca d’Italia
(NA) ROSAPEPE Membro di designazione rappresentativa
degli intermediari
(NA) GIGLIO Membro di designazione rappresentativa
dei clienti
Relatore GIANFRANCO LIACE
Seduta del 16/02/2021
FATTO
Il ricorrente contesta gli importi liquidati per il buono fruttifero della Serie Q/P n. xxx.064 di £ 5.000.000 sottoscritto in data 17/08/1988. Rappresenta che uno dei timbri apposti a tergo del buono, parzialmente leggibile, indicherebbe l’appartenenza alla serie Q/P e i relativi tassi per i primi vent’anni. L’altro timbro, perfettamente leggibile, indicherebbe l’appartenenza alla serie P/O e i relativi tassi fino al 20° anno. Inoltre, osserva che la stampa presente sul retro del buono, prevede che siano dovute Lire 1.777.400 per ogni bimestre successivo alla scadenza del ventesimo anno e fino al 31 dicembre del trentesimo anno solare successivo a quello di emissione. Il ricorrente fa presente, quindi, che i timbri non possono derogare alla disciplina dettata dal prestampato. Inoltre, sulla facciata anteriore, il buono presenta l’indicazione di appartenere alla serie P/O (in alto a sinistra) e alla serie Q/P (in basso a destra).
Evidenzia, quindi, che:
1) sono stati apposti due contrastanti timbri riferiti a diversi tassi, con riferimento a diverse tipologie di buoni (P/O-Q/P). Inoltre, sottolinea la leggibilità solo parziale del timbro recante i tassi relativi alla serie Q/P e l’assenza di espresse deroghe ai rendimenti stampati sul buono per il periodo successivo al ventesimo anno che determinerebbero “incertezza e ambiguità, introducendo elementi contraddittori che ingenerano confusione, violano i principi di correttezza e buona fede e ledono l’affidamento del sottoscrittore”. Pertanto, afferma che andrebbero applicate le condizioni più favorevoli al sottoscrittore;
2) inoltre, l’assenza di alcuna modifica correttiva con riguardo al rendimento nel periodo di detenzione dal 21° al 30° anno, avrebbe generato il legittimo affidamento del sottoscrittore all’applicazione dell’originario rendimento stampigliato a tergo del buono. Pertanto dal 21° al 30° anno, “in assenza di modifica, la liquidazione deve avvenire secondo quanto
testualmente previsto”.
Il ricorrente rimasto insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario tramite
reclamo, si rivolge all’Arbitro.
L’intermediario replica con le controdeduzioni sostenendo in via preliminare che:
- il ricorso è irricevibile, in quanto relativo a fatti non rientranti temporalmente nell’ambito della competenza dell’ABF; la controversia, infatti, ha ad oggetto i rendimenti stabiliti all’atto della sottoscrizione del buono, avvenuta nell’anno 1988;
- il ricorso proposto è, altresì, inammissibile in quanto non rientrante nella competenza per materia dell’ABF; infatti, i titoli in questione sono mezzi della raccolta del risparmio e la materia è interamente disciplinata da norme di carattere speciale; né varrebbe, in contrario, far riferimento al fatto che la Delibera del CICR n. 275 del 29 luglio 2008 abbia ricompreso la convenuta tra gli intermediari in relazione all’attività di bancoposta; infatti, quanto previsto dalla Delibera del CICR va necessariamente letto in combinato disposto con le disposizioni della Banca d’Italia che, nel tracciare l’ambito di competenza dell’Arbitro, escludono dallo stesso le fattispecie non assoggettate alle disposizioni del
titolo VI, capo I, del t.u.b.; ne consegue che la convenuta è ricompresa tra gli intermediari di cui alla richiamata Delibera CICR solo con riferimento alle attività di bancoposta, alle quali si applicano le disposizioni del titolo VI, capo I del t.u.b., e tra le quali non rientra il collocamento dei buoni fruttiferi.
Nel merito l’intermediario oppone che la domanda sarebbe, in ogni caso, infondata in quanto:
(a) le modalità di emissione dei Buoni Fruttiferi della serie “Q” sono stabilite dal DM del 13 giugno 1986 che prevede l’utilizzo di moduli della serie “P” purché su di essi siano apposti due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi fissati da detto decreto ministeriale per la serie “Q”;
(b) la resistente ha applicato pedissequamente le prescrizioni del DM del 13 giugno 1986 (i) apponendo i timbri previsti dal predetto decreto e (ii) riconoscendo alla parte attrice gli interessi stabiliti dal medesimo decreto;
(c) parte ricorrente era senz’altro consapevole di aver sottoscritto un Buono della serie “Q”;
(d) era altresì consapevole del rendimento di quanto sottoscritto, in quanto i Buoni Fruttiferi sarebbero documenti di legittimazione, con riferimento ai quali non trova applicazione il principio della letteralità. Conseguentemente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale del 13 giugno 1986 ha assolto pienamente alla funzione
di trasparenza del rendimento dei Buoni.
L’intermediario, pertanto, conclude per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Il Collegio deve pronunciarsi sulle sollevate eccezioni di carattere preliminare.
In relazione all’eccezione di incompetenza per materia si osserva che la stessa è infondata e che non merita accoglimento per le seguenti ragioni.
Il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro, con la decisione dell’8 novembre 2013, n. 5676, ha stabilito il seguente principio di diritto: «L’art. 1, comma 1, lett. b), della Delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008, sulla disciplina sui sistemi stragiudiziali ex art. 128-bis T.U.B., nonché la Sez. I, par. 3, delle Disposizioni della Banca d’Italia del 18.6.2009 sui “Sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, hanno specificato che, nel novero degli intermediari destinatari di tale normativa, delimitante la stessa competenza dell’ABF, è inclusa “Poste Italiane S.p.A. in relazione all’attività di bancoposta”. È vero che la Sez. I, par. 4 del provvedimento da
ultimo menzionato, così come già l’art. 1, comma 1, lett. a), della Delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008, escludono fra le “controversie” sottoponibili all’ABF quelle attinenti a fattispecie “non assoggettate al titolo VI del TUB ai sensi dell’articolo 23, comma 4, decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF)”, fra cui il “collocamento di prodotti finanziari”. Sennonché, l’articolo 1, comma 1, lettera u), del T.U.F. definisce “prodotti finanziari” per gli effetti di tale decreto «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari»; e precisa al comma successivo che “per strumenti finanziari si intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) contratti di opzione […]”.
Raccordando la fattispecie in gioco, nelle “Disposizioni della Banca d’Italia sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari del 29.7.09”, Sez. 1, punto 1.1 (e v. anche il punto 3), si conclude che “la disciplina di cui al presente provvedimento si applica, quindi, oltre che ai depositi, anche ai buoni fruttiferi e ai certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario (cfr. art. 1, comma 1 ter, T.U.F.)”, in sostanza negando ai BPF la qualifica di “strumenti finanziari”, e in via derivata di “prodotti finanziari” suscettibili di “collocamento” ai fini dell’applicazione del T.U.F., per il fatto di essere incedibili e dunque non destinati alla negoziazione sui mercati. Sulla base
di questi ultimi dati normativi, si giustifica che stabilmente i Collegi dell’ABF (v. Coll. Milano, n. 719/2011, n. 315/2011; Coll. Roma, n. 1846/2011; Coll. Napoli, n. 1868/2012 e n. 2454/2012) abbiano disatteso l’eccezione di incompetenza ratione materiae sollevata dall’intermediario, e tale soluzione non può che trovare piena e definitiva adesione da parte del Collegio di Coordinamento». Vi è di più. L’ACF sul punto ha precisato che deve escludersi la competenza in tema di buoni postali fruttiferi di detto organismo, poiché essi non rientrano nel novero dei valori mobiliari essendo privi del requisito della “negoziabilità” e, dunque, dell’idoneità ad essere oggetto di transazioni sui mercati finanziari, cosicché le controversie afferenti a tale tipologia di titoli non possono ritenersi rientranti nell’ambito della competenza ACF, essendo questa circoscritta alla materia dei servizi e delle attività d’investimento, come individuata dall’art. 4, comma 1, del Reg. ACF ( tra le tane si veda ACF, 26 ottobre 2017, n. 100).
Va, altresì, rigettata anche l’eccezione di incompetenza ratione temporis. Il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro, nella decisione testé citata, precisa, inoltre, che: «applicando questo principio al caso concreto, si tratta di verificare se in occasione della sottoscrizione dei titoli de quibus […] le indicazioni recate sui titoli stessi fossero idonee a esprimere da parte dell’emittente una proposta negoziale univoca – in deroga ai precetti di
cui al precedente D. M. del Tesoro 23 luglio 1987, n. 729700 – relativamente all’elemento del termine ultimo per il rimborso dei titoli stessi, su cui è assolutamente plausibile si fosse (anche) formata la volontà di accettazione del risparmiatore. Entrando in gioco un problema di ricognizione degli effetti del contratto secondo gli ordinari canoni ermeneutici, e quindi rilevando in forza del criterio sopra richiamato la data in cui è insorta la controversia, trova del resto conferma la competenza ratione temporis dell’ABF».
Venendo alla trattazione del merito della controversia, il Collegio osserva quanto segue. La questione sottoposta al Collegio riguarda un BFP della serie Q/P.
Dalla copia del BFP emerge che lo stesso è stato emesso su di un modulo che è stato oggetto di due successive correzioni sul lato frontale e sul retro dei titoli: la prima correzione ha per oggetto la serie “O” convertita in serie “P” e la seconda la conversione in serie “Q/P”. Sulla parte frontale risulta lo sbarramento della stampigliatura riportante la serie “O” e una nuova stampigliatura riportante la serie “P” e poi un timbro riportante la serie “Q/P”. Sul tergo del titolo, risultano due timbri correttivi sovrapposti riportanti i rendimenti dei buoni. Il primo timbro con la dicitura “serie Q/P” e l’indicazione dei tassi relativi ai primi quattro scaglioni temporali; un ulteriore timbro sovrapposto con la dicitura “serie P/O” sempre relativo ai medesimi scaglioni temporali.
Per il periodo sino al 20° anno dall’emissione del buono, l’equiparazione tra i buoni della serie “O” (con rendimento del 15%) e quelli appartenenti alla categoria di più recente generazione contraddistinta con la lettera Q/P (con rendimento del 12%), può avere luogo solo se risultino apposti, a cura delle filiali, due timbri: uno sulla parte anteriore con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi.
Pertanto, se risultano i due timbri sul fronte e sul retro del titolo, devono ritenersi prevalenti le condizioni riportate dal timbro posto sul retro su quelle indicate nella chartula,
respingendo le istanze volte ad ottenere la liquidazione del buono sulla base delle condizioni stampigliate ab origine sui titoli. Questo, tuttavia, vale soltanto per i rendimenti sino al 20° anno, in quanto sono gli unici rendimenti riportati dal secondo timbro (Coll. Napoli, decisione n. 6142/18). Con specifico riferimento a casi analoghi con presenza di plurimi timbri, il Collegio di Napoli (decisione n. 26410/2019) ha confermato il proprio orientamento, evidenziando come “L’apposizione dei due timbri sul retro dei buoni e, specificamente, sulla parte recante l’indicazione degli importi dovuti in relazione ai primi venti anni, manifesta inequivocabilmente l’esclusione delle condizioni stampate sul retro e la sottoposizione del buono fruttifero alle condizioni economiche di cui al timbro apposto
fino al ventesimo anno come serie Q/P. Tale esito è confermato anche dal fronte del titolo che reca la dicitura serie “Serie Q/P” (Coll. Napoli decisione n. 17153/20).
Il BFP deve ritenersi appartenente alla serie Q/P. La parte ricorrente afferma che le condizioni riportate nella tabella a tergo del buono, riferite all’ultimo decennio di vita dello stesso, hanno generato il legittimo affidamento circa la validità dell’importo dovuto a titolo di interesse. Il timbro apposto sul buono non modifica le condizioni di rendimento dal 21° al 30° anno.
I BFP debbono considerarsi meri titoli di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 c.c., privi dei caratteri della astrattezza, incorporazione e letteralità tipici dei titoli di credito (cfr. Cass. n. 27809/2005), di talché “la regolamentazione del rapporto non ha […] solo fonte privatistica, essendo integrata ex art. 1339 e 1374 c.c. da un atto di imperio riconducibile alla natura pubblica dell’emittente” (cfr. Coll. di Coord., dec. n. 5674/2013; Coll. di Roma, dec. n. 19042/18).
Secondo consolidato orientamento di questo Arbitro “in caso di conflitto tra (i) la misura degli interessi riportata sul retro dei buoni; e (ii) la misura sancita dai provvedimenti ministeriali emanati in data successiva all’emissione dei buoni stessi, deve considerarsi prevalente la seconda indicazione” (cfr., Coll. di Roma, dec. n. 16901/18; Coll. di Roma, dec. n. 26252/19). In tal senso, le SS.UU. (11 febbraio 2019, n. 3963) hanno da ultimo precisato e ribadito, in coerenza con i precedenti arresti, che deve escludersi “la prevalenza in ogni caso del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamente alla emissione […], a fronte all’inequivoco dato testuale dell’art. 173 del codice postale che prevedeva un meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell’art. 1339 c.c. e destinato ad operare, nei termini sopra descritti, per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo”.
Il Collegio di Coordinamento nella decisione n. 6142/20 ha affermato che “…In quest’ottica, secondo cui la determinazione dei rendimenti dei buoni fruttiferi postali è vicenda comunque attratta alla sfera del rapporto negoziale in essere tra emittente e sottoscrittore, diviene del tutto irrilevante la circostanza che nel corso della durata dell’investimento vengano ad alternarsi due criteri di determinazione degli interessi tra loro eterogenei, quello in regime di interessi composti della serie Q per i primi venti anni e quello in regime di capitalizzazione semplice della serie P per l’ultimo decennio, dando luogo ad una sorta di titolo “ibrido”. Siffatta alternanza, comunque fondata sulla regolazione negoziale riferibile al rapporto, non risulta, invero, impedita da norme di legge;
tanto meno appare stravagante o “aberrante” alla luce delle innumerevoli tecniche impiegate al riguardo nella prassi, con riguardo a strumenti che documentano contratti con funzione di investimento”. In virtù di quanto sopra esposto, il Collegio di Coordinamento ha espresso i seguenti principi di diritto:
A) Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c.c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli.
Nel caso in esame, infatti, si sarebbe ingenerato un legittimo affidamento nel sottoscrittore, il quale ha confidato nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi (Collegio Napoli, decisione n. 10630/2020).
Non sfugge a questo Collegio che mentre la nuova tabella contempla il rendimento per vent’anni dall’emissione, nulla dice per quello relativo all’ulteriore decennio, previsto invece dalla stampigliatura posta sul retro del buono oggetto del presente ricorso.
Pertanto, per il periodo successivo a quello stabilito dal decreto, cioè quello dal 21° al 30° anno, “in assenza di modifica, la liquidazione deve avvenire secondo quanto testualmente previsto dal titolo”. Sul punto la giurisprudenza di merito ha evidenziato che: “Poiché l’art. 4 del DM 13.6.1986 fa riferimento alla tabella stampata sui buoni fruttiferi postali, qualora l’ufficio postale in sede di emissione di titoli appartenenti alla serie Q utilizzi moduli della serie precedente P senza correggere interamente i rendimenti trentennali della tabella, Poste italiane è tenuta ad adempiere al contratto con il sottoscrittore così come risulta dal tenore del titolo, anche a condizioni migliori rispetto a quelle normativamente stabilite” (Trib. Milano, 9 gennaio 2020, n. 91).
La domanda di parte ricorrente appare parzialmente fondata, sicché l’intermediario resistente dovrà provvedere alla liquidazione degli interessi dal 21° al 30° anno secondo quanto riportato sul retro del titolo appratente alla serie Q/P, oltre interessi dalla data del reclamo (Collegio di Napoli, 9 gennaio 2019, n. 379; Collegio ABF di Torino, 29 gennaio 2018, n. 2571; Collegio Bologna, 13 febbraio 2018, n. 3621; Collegio di Roma, 21 luglio 2017, n. 8791; Collegio di Milano, 29 giugno 2016, n. 5998).
Il Collegio condanna, altresì, l’intermediario alla refusione delle spese legali, che si quantificano in € 200,00.
Infine, sulla richiesta di rivalutazione monetaria, si evidenzia che l’importo richiesto ha natura di debito di valuta non suscettibile di rivalutazione secondo gli orientamenti condivisi tra i Collegi (Collegio di Napoli, decisioni nn. 13490/20, 3760/20 e 11176/16).