L’ordinaria manutenzione “è quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilità, essendo connotata inoltre da una sostanziale modicità della spesa”.
Cass. Civ., Sezione III, Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27540
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2. I due motivi possono essere discussi unitariamente per la loro connessione fattuale, logica e giuridica. In sostanza quello che viene censurato nella decisione della Corte di appello e’ l’aver inquadrato e qualificato la spesa di rifacimento della facciata tra le spese straordinarie, escludendo di conseguenza l’onere di partecipazione alla stessa da parte dei conduttori, laddove – a parere dei ricorrenti – detta spesa rientrerebbe nella manutenzione ordinaria alla stregua della distinzione, dettata dalla normativa urbanistica, tra interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, e in considerazione del tenore della clausola contrattuale che, in deroga all’articolo 1576 cod. civ., poneva a carico dei locatari l’ordinaria manutenzione, sia dell’appartamento e dei servizi, sia delle parti comuni, anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito.
2.1. I motivi all’esame non meritano accoglimento.
Pacifica – e, comunque, non piu’ controvertibile, per il giudicato interno sulla validita’ della clausola – la derogabilita’ della normativa civilistica, quanto all’accollo ai conduttori delle spese di ordinaria manutenzione, anche se dipendenti da vetusta’ o fortuito, la quaestio iuris si incentra sull’individuazione delle spese di manutenzione straordinaria che la clausola in oggetto lascia a carico della parte locatrice e, correlativamente, sulla sussunzione delle spese di rifacimento della facciata nella relativa categoria.
La Corte territoriale, da un lato, ha escluso che la linea di demarcazione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria potesse desumersi dalle disposizioni urbanistiche richiamate da parte ricorrente, trattandosi di normativa dettata per altre specifiche finalita’ (quelle della liberta’ dell’intervento edilizio o della necessarieta’ del permesso di costruire); dall’altro, ha ritenuto che il significato della clausola contrattuale e dello specifico richiamo in esso contenuto alla manutenzione ordinaria, dovesse individuarsi, attingendo alla normativa civilistica (articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 cod. civ.), alla cui stregua la distinzione fra riparazioni ordinarie e riparazioni straordinarie puo’ essere effettuata con riferimento al criterio della prevedibilita’ e della normalita’ in relazione al godimento della cosa locata e dell’entita’ della spesa.
2.2. Orbene – quanto al primo profilo – si osserva che il carattere di “norma generale” della Legge n. 457 del 1978, articolo 31 (contenente per l’appunto “norme generali per il recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente”), cui fa riferimento parte ricorrente, non autorizza l’automatica sovrapposizione delle definizioni, ivi contenute, di “interventi” di ordinaria e straordinaria manutenzione con le nozioni di ordinaria e straordinaria manutenzione rilevanti nell’ambito dei rapporti tra privati.
D’altra parte l’integrazione, postulata dalla giurisprudenza richiamata in ricorso, tra la normativa edilizia e le disposizioni (ormai abrogate) in materia di “equo canone” – era coerente con la peculiarita’ dei criteri di determinazione del canone legale, ai cui effetti appariva necessario privilegiare l’aspetto edilizio ed era, comunque, solo tendenziale, restando, tra l’altro, fermo che la categoria delle “riparazioni straordinarie”, di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 23, non recepiva la tradizionale distinzione tra opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, rientrando in essa anche le opere di manutenzione di notevole entita’, comunque dirette ad evitare il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo (cfr. Cass. 9 ottobre 1996, n. 8814).
2.3. L’esigenza dell’elaborazione di autonome categorie concettuali, con specifico riferimento al tema che ci occupa della ripartizione delle spese di manutenzione tra il locatore e il conduttore, appare, del resto, evidente ove si consideri che il sistema codicistico fa riferimento al concetto quantitativo della tenuita’ della spesa e a quello della riferibilita’ causale della stessa spesa dall’uso normale del bene per gravare il conduttore, esclusivamente, delle spese di “piccola manutenzione”, alla stregua di una valutazione d’insieme della modesta entita’ del loro valore economico, della destinazione dell’immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali (cfr. Cass. 6 maggio 1978, n. 2181), lasciando a carico al locatore tutte le altre spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, quale modalita’ di adempimento della fondamentale obbligazione di mantenere la cosa in buono stato e in modo da servire all’uso cui e’ destinata (articolo 1575 c.c., n. 2, articoli 1576, 1577 e 1609 cod. civ.); mentre il sistema introdotto dalla Legge n. 392 del 1978 ha previsto che siano a carico del conduttore, sub specie di oneri accessori (ex articolo 9, tuttora in vigore, nonostante l’abrogazione del regime del canone legale), alcune spese di carattere continuativo o periodico, correlate a servizi di cui usufruisce il conduttore – quali quelle “relative al servizio di pulizia” e “alla fornitura di altri servizi comuni” – che, in quanto necessarie a mantenere in buone condizioni di uso le cose comuni, sono ascrivibili all’ordinaria manutenzione delle parti comuni, nonché le spese relative “al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore“.
2.4. Merita, altresi’, puntualizzare che il richiamo alla normativa in tema di usufrutto e, segnatamente, alla nozione di riparazioni straordinarie, di cui all’articolo 1005 cod. civ. (secondo cui “riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilita’ dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”) non e’, di per se’ risolutivo ai fini che ci occupano; e cio’ sia perche’ per riparazione si intende l’opera che rimedia ad un’alterazione gia’ verificatasi nello stato della cosa a differenza della manutenzione, che propriamente si riferisce all’opera che previene l’alterazione (laddove l’espressa previsione, nella clausola che qui rileva, della “manutenzione ordinaria anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito”, finisce per assimilare l’uno e l’altro concetto, accordando rilievo, piuttosto, che alla maggiore o minore attualita’ del danno da riparare, alla essenza dell’opera e al suo carattere ordinario), sia perche’ l’elencazione contenuta nella norma cit. sebbene di carattere generale, non ha carattere tassativo, ma solo esemplificativo (cosi’ Cass. 3 aprile 1979, n. 1881).
Soprattutto l’inserimento della nozione dettata dall’articolo 1005 cod. civ. nella trama del rapporto locatizio va attuato nella considerazione dell’equilibrio sinallagmatico sotteso a detto rapporto e dei principi specificamente dettati in materia, in relazione al quale beneficiario ultimo dei miglioramenti apportati all’immobile condotto in locazione mediante spese di manutenzione straordinaria, rimane esclusivamente il locatore (cfr. articoli 1576, 1609 e 1621 cod. civ.).
2.5. Cio’ precisato, ritiene il Collegio che i giudici di appello – assumendo, quali utili parametri di riferimento, la norma di cui all’articolo 1005 cod. civ. e le ulteriori disposizioni in materia di locazione sopra cit. – abbiano individuato, sulla base di un corretto approccio ermeneutico (“nella logica ricostruzione della comune intenzione delle parti e anche al fine dell’equo contemperamento degli interessi contrapposti”), nei suoi tratti salienti la manutenzione ordinaria qualificandola come “quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilita’, essendo connotata inoltre da una sostanziale modicita’ della spesa” e inquadrando, invece, nell’ambito della manutenzione straordinaria “quelle riparazioni non prevedibili e di costo non modico, eccezionali nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio” ovvero anche quelle “di una certa urgenza e di una certa entita’ necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrita’ ed efficienza” (cosi’ al fl. 7 della sentenza impugnata).
Di conseguenza la spesa di rifacimento delle facciate condominiali, per la sua importanza, nonche’ per la “natura episodica” nell’arco di una gestione condominiale pluriennale, e’ stata qualificata come spesa di manutenzione straordinaria (altra cosa e’, evidentemente, se ai fini urbanistici dovesse considerarsi intervento di manutenzione ordinaria), escludendo percio’ che fosse compresa tra quelle contrattualmente a carico dei conduttori.
Contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione della normativa di riferimento, utilizzando esattamente i parametri valutativi individuati nella normativa civilistica, per qualificare come manutenzione straordinaria facente carico al locatore i lavori di rifacimento delle facciate condominiali, attesa la “complessita’ e radicalita’ dell’intervento” operato nella specie (cfr. fl. 7 della sentenza impugnata).
2.6. Si rammenta, alla stregua di consolidata giurisprudenza, che la qualificazione delle opere di ordinaria manutenzione o di manutenzione straordinaria, e l’attribuzione dei lavori all’una o all’altra categoria, spettano al giudice di merito, involgendo indagini di fatto, e il relativo apprezzamento si sottrae a censura in sede di legittimita’, se sia sorretto da esatti criteri nomativi e sia adeguatamente motivato (cfr. Cass. 20 marzo 2003, n. 4064; Cass. 4 gennaio 1969, n. 10).
Nella decisione impugnata la distinzione tra le spese di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria risulta correttamente affidata ai profili della normalità e/o prevedibilità dell’intervento e dell’entità materiale della spesa, con il necessario adeguamento della nozione civilistica di riparazioni straordinarie di cui all’articolo 1005 cod. civ. allo statuto del rapporto di locazione, quale consacrato, nella specie, nell’accordo in deroga. Invero per spese straordinarie, facenti carico al locatore, devono intendersi le opere che non si rendono prevedibilmente o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione; rientrando nella categoria anche le opere di manutenzione di notevole entità, finalizzate non già alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo.
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