Suprema Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 ottobre 2013, n. 23919
E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che il giudizio sulla pericolosità delle cose inerti non può prescindere da un modello relazionale, per cui la cosa deve essere vista nel suo normale interagire col contesto dato talché una cosa inerte può definirsi pericolosa quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realtà circostante. Pertanto se il contatto con la cosa provochi un danno per l’abnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per l’operare della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., atteggiandosi in tal caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno (Cass., 4 novembre 2003, n. 16527, in motivazione).
In particolare sostiene questa Corte che, in tema di danno da insidia stradale, la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo occulto vale ad escludere la configurabilità dell’insidia e della conseguente responsabilità della P.A. per difetto di manutenzione della strada pubblica, dato che quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (Cass., 16 maggio 2013, n. 11946).
Facendo applicazione del suddetto criterio relazionale al caso in esame deve rilevarsi come il ragazzo che guidava il motorino fosse ben a conoscenza dell’esistenza di buche sulla strada da lui percorsa per cui avrebbe dovuto tenere un comportamento idoneo ad evitarle.
La Corte d’appello ha comunque affrontato sia il problema dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alla custodia esercitata dagli enti pubblici territoriali sulle strade demaniali, sia quello relativo al valore da attribuire alla non visibilità e non prevedibilità dei dissesti del manto stradale.
Sotto quest’ultimo profilo, con accertamento di merito non sindacabile in sede di legittimità in quanto congruamente motivato, la Corte d’Appello ha rilevato che la buca in corrispondenza della quale il D.G. è caduto era ampiamente prevedibile e che tanto risulta sia dalle dichiarazioni rilasciate da quest’ultimo ai Vigili Urbani, sia dal verbale degli stessi, sia da quanto dichiarato dal teste F.
In conclusione nel caso in esame non opera la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. in quanto, essendo il conducente del motorino a conoscenza dell’esistenza di buche, ben avrebbe potuto evitarle. In seguito a tale conoscenza gravava su di lui la prova della non visibilità e non prevedibilità. Detto onere non è stato da lui adempiuto (Cass., 26 aprile 2013, n. 10096).
Parte ricorrente formula altresì «Istanza di pronuncia delle Sezioni Unite ex art. 374 c.p.c.».
Sostiene al riguardo il D.G. che esiste un conflitto tra pronunce sulla questione relativa all’applicabilità alla P.A. dell’art. 2051 c.c. e chiede pertanto che questa Suprema Corte si pronunci sulla seguente questione: «Se l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. nei confronti della P.A. o del gestore non sia automaticamente esclusa allorquando sia stato accertato in concreto sia che il bene demaniale o patrimoniale da cui sia originato l’evento dannoso risulti adibito ad un uso generale, sia che lo stesso si presenti di notevole estensione e che tali caratteristiche ricorrano entrambe».
Alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte il suddetto conflitto non sussiste in quanto si afferma ormai costantemente che l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume, ai sensi dell’art. 2051 c.c., responsabile dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione, salvo che dia la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non tempestivamente evitabile o segnalabile (Cass., 12 aprile 2013, n. 8935; Cass., 18 ottobre 2001, n. 21508).
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.